AUGURI A TUTTI !

Durante le feste abbiamo più tempo e forse più voglia di riflettere un po’… ed allora mi permetto di dedicarvi questi due pensieri, uno di Soren Kierkegaard ed uno di Martin Buber su ciò che ci unisce e ci accomuna: il nostro essere educatori… ed una novella, attribuita a Igino, erudito liberto di Augusto, bibliotecario e maestro di scuola. Buon Natale, un augurio di serene festività e di un 2009 ricco di soddisfazioni che meritate, Marco Braghero

 

 

Riflessioni Educative Natalizie…

 

Durante le feste abbiamo più tempo e forse più voglia di riflettere un po’… ed allora mi permetto di inviarvi questi due pensieri, uno di Soren Kierkegaard ed uno di Martin Buber su ciò che ci unisce e ci accomuna: il nostro essere educatori… ed una novella, attribuita a Igino, erudito liberto di Augusto, bibliotecario e maestro di scuola.

Buon Natale, un augurio di serene festività e di un 2009 ricco di soddisfazioni che meriti, Marco Braghero

 

Che il successo non sia l’obiettivo della relazione d’aiuto lo aveva già intuito Kierkegaard quando indicava nell’umiltà il fondamento di questa relazione stessa: “…Ogni vera attività di aiuto prende il via dall’umiltà. Chi aiuta deve essere umile nel suo atteggiamento verso la persona che desidera aiutare. Egli deve capire che l’aiutare non è dominare, ma servire. L’aiuto richiede pazienza così come disponibilità ad accettare di non essere sempre nel giusto e di non presumere di capire sempre ciò che l’altra persona capisce”. (S. Kiekegaard, Sickness unto death, Penguin, 1989)

 

 

“…Si è presentato il pericolo che il nuovo fenomeno, la volontà educativa, degeneri nell’arbitrio, che l’educatore adempia al suo nuovo compito di selezione e influenza a partire da sé e dal concetto che ha dell’educando (pre-giudizo secondo la lezione di Gadamer), non invece a partire dalla realtà di questi. Ciò dipende quasi sempre da un’assenza o da un temporaneo venir meno dell’atto di ricomprensione, che proprio nell’ambito educativo non è semplicemente regolativo, come in altri, ma è anche essenzialmente costitutivo, per cui l’educativo ricava la sua vera forza peculiare dal continuo ripresentarsi di questo atto e dell’essergli sempre nuovamente connesso. L’uomo che per professione deve influire sull’essere di nature determinabili, deve sempre di nuovo esperire questo suo fare. (…) Senza che l’azione della sua anima venga in qualche modo indebolita, egli deve essere contemporaneamente dall’altra parte, alla superficie dell’altra anima che la riceve”. M. Buber, (1993), Il principio dialogico e altri saggi, Cinisello Balsamo, San Paolo.

 

All’interno del capitolo VI di Essere e Tempo, significativamente intitolato “La cura come essere dell’Esserci”, Heidegger narra una novella di Igino:

“La ‘Cura’, mentre stava attraversando un fiume, scorse del fango cretoso; pensierosa, ne raccolse un po’ e incominciò a dargli forma. Mentre è intenta a stabilire che cosa abbia fatto, interviene Giove. La Cura lo prega di infondere lo spirito a ciò che essa aveva fatto. Giove acconsentì volentieri. Ma quando la Cura pretesa di imporre il suo nome a ciò che aveva fatto, Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio. Mentre la Cura e Giove disputavano sul nome, intervenne anche la Terra, reclamando che a ciò che a ciò che era stato fatto fosse imposto il proprio nome, perché aveva dato a essa una parte del proprio corpo. I disputanti elessero Saturno a giudice. Il quale comunicò ai contendenti la seguente giusta decisione: “Tu, Giove, che hai dato lo spirito, al momento della morte riceverai lo spirito; tu Terra, che hai dato il corpo, riceverai il corpo. Ma poiché fu la Cura che per prima diede forma a questo essere, finchè esso vive lo possieda la Cura. Per quanto concerne la controversia sul nome, si chiami Homo poiché è fatto di Humus (Terra).

Heidegger, 1970, Essere e Tempo

 

prof. Marco Braghero

Responsabile Ufficio Studi USP Imperia

Ufficio Scolastico Regionale per la Liguria

Tel. 0183 769380

Fax. 0183 764624